Bolgheri D.O.C.
Vino rosso ottenuto dall'impiego di uve Cabernet Sauvignon ed un piccola aggiunta di Cabernet Franc. É caratterizzato da un profumo persistente, dove emergono spiccate note di confettura, pepe e tabacco. Al palato è potente, concentrato, con tannini fini e compatti. Aska Bolgheri Rosso Banfi è un vino con grandissime potenzialità di invecchiamento.
IL SOGNO DI UN VINO
Bolgheri, frazione di Castagneto Carducci, in Toscana, nella maremma livornese, con i grandi vini della regione c’entrava poco o nulla. La gente, fino al 1972, si ricordava di Bolgheri solo perché apriva il primo verso di una famosissima poesia di Giosuè Carducci, Davanti a San Guido, che alle elementari s’imparava sempre a memoria.
Nessuno, fino a quell’anno, avrebbe quindi pensato che quella misconosciuta frazione sarebbe diventata sinonimo di prestigio enologico e che persino la Maremma, quel territorio percepito con sofferenza e sospetto da chi ci viveva e lavorava, uno scrigno di tesori enologici che avrebbero riscritto l’enologia toscana, in primis, e mondiale in seguito.
IN PRINCIPIO FU IL SASSICAIA
Oggi, invece, nessun amante del vino ignora che proprio qui, in questa terra, il marchese Mario Incisa della Rocchetta decise di impiantare il suo sogno. Perché da queste parti il vino c’era, ovviamente. Ma era grezzo, rustico, senza ambizioni, nato dal solito Sangiovese che, però, era ben lontano dagli echi del Chianti o del Brunello di Montalcino. Ma il marchese non chiedeva, a questo suolo, il solito vino toscano. Lui coltivava un sogno: trasformare Castagneto in un’enclave del Bordeaux in Toscana. Creare un rosso alla francese, insomma, che non avesse nulla a che fare con quanto finora si era fatto, sposando tra loro Cabernet (Sauvignon e Franc) e Merlot, in nome di quel famoso taglio bordolese che faceva scuola ovunque, fuorché da noi.
I primi impianti risalgono addirittura al 1944 e il frutto della prima vendemmia finì per affinarsi in piccole botti di rovere, che lasciarono perplessi gli autoctoni, abituati a bere il loro vino già a febbraio, a pochi mesi dalla vendemmia. E poi, si diceva in giro, quelle vigne sono troppo in prossimità del mare, non daranno mai buoni frutti… Ma il marchese, caparbio, perseverò. In quel vino, a furia di stare in botte, qualcosa di buono e di diverso si sentiva. Bisognava crederci e studiare. Nel 1954 furono impiantate le prime vigne del Sassicaia, che però restò il vino di famiglia fino agli anni ’70, quando Nicolò Antinori, nel frattempo imparentatosi con il marchese, provò il vino e capì che c’era davvero del buono, forse del grande. E fu proprio Antinori che chiamò a Bolgheri il suo enologo, Giacomo Tachis, che s’innamorò del sogno. E da qui in poi fu il trionfo.
La prima bottiglia uscì nel 1972, ma la vendemmia era quella del 1968. Davanti a San Guido, insomma, non c’erano più soltanto cipressi, come scrisse Carducci, ma anche vigne.
UNA DOC DI MOSTRI SACRI
Se il Sassicaia aprì la strada a un vino Toscano diverso, la storia non si fermò al palo. Dopo questo grande vino nacquero altre grandi realtà. Guado al Tasso, di Piero Antinori; Tenute dell’Ornellaia, di Lodovico Antinori; Grattamacco di Piermario Meietti Cavallari e Michele Satta, per dire quattro e tacere decine di altri protagonisti della nostra enologia. Rossi e Super Tuscan eccelsi, a cui si affiancano interessanti bianchi, spesso a base di Vermentino, e deliziosi rosati, tra i migliori d’Italia, che si suddividono nelle tre DOC che portano il luogo di questo fazzoletto di terra: Bolgheri (che comprende Rosso, Rosato, Bianco e Vermentino), Bolgheri Superiore e Bolgheri Sassicaia.
E non basta. Poiché le vigne piantate in questa zona sono parecchio più giovani di quelle che si trovano in altre storiche località della Toscana, il vino di Bolgheri ha potenzialità altissime, ancora tutte da esprimere e scoprire, man mano le viti invecchiano e conquistano sempre più radicata personalità.