Catalogo distillati e spirits: Grappa, Rum, Gin, Whisky, Vodka, Acquiavite, Cognac, Armagnac, Brandy, Mezcal, Tequila ...
La Grappa “La Morbida” si distingue per aromaticità e persistenza gusto-olfattiva, proponendo un sorso morbido e avvolgente. Riposa per 12 mesi in acciaio inox e i palati più avventurosi apprezzeranno certamente l’abbinamento con piatti di pesce, pesce azzurro e salmone affumicato.
Grappa bianca e cristallina alla vista, che regala al naso ricche note fruttate di marasca, agrumi e ciliegie. Il sorso è armonico, equilibrato e morbido. Grappa ottenuta dalla distillazione in alambicco discontinuo delle vinacce di Pinot Nero.
Grappa bianca prodotta dalle vinacce di uve Traminer. Si presenta alla vista in color bianco cristallino. Ricco quadro olfattivo conferito da richiami floreali, speziati dolci e di frutti tropicali. All'assaggio è morbida e pulita, dalla grande corrispondenza tra palato ed olfatto.
Questo splendido vino è caratterizzato al naso da sentori fruttati di albicocca disidratata, prugna, marmellata, frutta secca, note speziate di cannella, liquirizia, zafferano e da un tocco floreale di tiglio. Al palato è setoso e avvolgente. Spiccano l’eleganza, la leggerezza e il perfetto equilibrio tra la sensazione liquorosa e l’acidità, tra dolcezza e freschezza. Nella complessità degli aromi si impone un’armonia, i cui componenti evolvono e si fondono per dar luogo a nuovi equilibri nel corso del tempo. Temperatura di servizio: 12-14° C
Colore giallo ambrato chiaro con riflessi oro. Al naso si percepiscono aromi di legno tostato, uniti a sentori di frutta secca. Al palato è complesso, equilibrato e con un retrogusto amarognolo. Ottimo sia a fine pasto bevuto da solo, sia per la preparazione di cocktail
Grappa bianca morbida ed elegante prodotta con le vinacce di Gewurztraminer della vigna Kolbenhof: una delle vigne che produce le migliori uve di Gewurztraminer dell’Alto Adige. Ha delicati profumi di frutta secca, fiori, miele, agrumi e pasticceria fresca. Il sorso è caldo, elegante, armonico e delicatamente speziato.
Originale gin erbaceo olandese realizzato con i rari pomodori neri coltivati in Sicilia e l’aggiunta, oltre che delle botaniche, di acqua di mare. Al naso si ritrovano sentori di ginepro ed agrumi. Al palato è immediata la nota salata, che lascerà successivamente il posto al pomodoro.
La grappa di Gewürztraminer di Plonhof è di colore cristallino e ottenuta dalle vinacce delle uve Gewurztraminer dell’Alto Adige. La particolarità e “magia” di questa grappa è che grazie a poco alcool riesce a legare e coinvolgere una vasta quantità di sostanze aromatiche che si trovano nei semi delle uve pigiate e nelle bucce. Regala profumi intensi
Al palato regala una grappa forte, ma al tempo stesso consistente ed equilibrata. Fermentazione a temperatura controllata e distillazione accuratissima e sapiente
Sulla base della vecchia produzione artigianale si ottiene un bitter digestivo o da aperitivo dai ricchi sentori olfattivi. China, angelica, noce moscata e scorza d’agrumi vanno a comporre il ricco bouquet olfattivo. Il sorso è fresco e di piacevole beva, dal finale lungo che evoca richiami pepati ed al tempo stesso dolci di camomilla.
Si presenta alla vista brillante e luminoso con lievi riflessi oro. All'olfatto affiorano chiari richiami fruttati di mela e frutta secca, unitamente allo zucchero di canna. Al palato è complesso e morbido, con un retrogusto molto lungo.
Rum che si esprime al naso con profumi intensi, caratterizzati da note di agrumi, cannella e noce moscata; al gusto si rivela morbido e con una finale che presenta una notevole dolcezza. Rum Chairman’s Reserve Spiced Saint Lucia Distiller’s contiene alcune spezie e frutti locali, come la cannella, la noce moscata e la vaniglia, oltre alla corteccia di Bois Bande, un particolare arbusto noto per le sue proprietà ed effetti energizzanti.
Vino di alta qualità realizzato con 25 botaniche e Verduzzo del Collio. L’invecchiamento di 12 mesi e lo zucchero bruciato trasmettono il colore bruno carico. Al naso si apprezzano note di amarene, genziana, marsala e note balsamiche. In bocca è morbido, erbaceo e rotondo, dal finale persistente.
Che differenza c’è tra un distillato e un Liquore ?
In due parole, un distillato – detto anche acquavite o spirito – è prodotto appunto attraverso la distillazione di uve, vinacce, vino, malto d’orzo, acqua e miele, latte, canna da zucchero, mele, prugne, albicocche e moltissimi altri vegetali, compresi il grano, il riso e le patate.
Il liquore, invece, parte da una base costituita da alcol a 95° (il cosiddetto alcol buongusto, il cui nome esatto sarebbe alcol etilico), in cui sono diluiti estratti, polveri, essenze, aromi, distillati soprattutto d’origine vegetale, a cui si uniscono alla fine sciroppi di zucchero per rendere più gradevole la bevanda. Hanno origine antica e spesso erano realizzati per scopi curativi. Le ricette di molti dei nostri migliori amari (che sono liquori, appunto) sono nate in farmacia.
L’ARTE DEL DISTILLATO
Sono chiamati anche acqueviti o acquaviti, e l’etimologia del nome è piuttosto intuibile: acqua della vita, soprattutto perché l’elevato titolo alcolometrico ha un’azione calorica e rinvigorente, almeno di primo acchito.
Nascono tutti per distillazione di un’altra sostanza, che a sua volta già contiene alcol: attraverso questo processo, infatti, non si fa che estrarre la parte migliore di questo alcol per poterlo consumare.
La distillazione, in due parole, concentra l’alcol e seleziona le molecole pregiate, scartando quelle più grossolane e pesanti.
Non è cosa facile e non esiste un sistema unico, così come sono tante le sostanze che possono essere usate.
LA MATERIA PRIMA
Il distillato italiano più famoso è senza dubbio la Grappa che si ottiene dalle vinacce, ossia dagli scarti dei mosti fermentati da cui è stato ricavato un vino. Ma le vinacce non sono le uniche sostanze da cui si può cavare alcol.
Dal vino si ricavano Cognac, Armagnac e Brandy. Dalla canna da zucchero il Rhum , dalle mele il Calvados, l’applejack e il batzi. Dai cereali come l’orzo e il frumento si ricavano gli scotch Whisky e i bourbon, ma anche la vodka (con la complicità di qualche patata…).
Si distillano i fichi, i datteri, l’agave per creare la tequila e il mezcal, il riso per il sakè (anche se, più propriamente, sarebbe una birra di riso), e un sacco di frutta. Dalle pere si ricava il Williamine, dalle ciliegie il Kirsch, dalle prugne lo Slivoviz, mentre l’Honey brandy si ottiene dal miele.
Il Gin è un distillato particolare, poiché è ottenuto dalla distillazione di un fermentato di frumento e orzo, in cui si fanno macerare sostanze vegetali, in particolare le bacche di ginepro che danno al distillato il caratteristico aroma e anche il nome, dall’olandese jenever.
METODI DI DISTILLAZIONE
Alla base di ogni distillato (ma anche di ogni liquore fatto come dio comanda) c’è un alambicco. La storia di questo strumento richiederebbe volumi interi. Il suo nome deriva dall’arabo al-ambiq ed ebbe il suo massimo sviluppo nel Medioevo, soprattutto grazie alla Scuola Salernitana, la più influente scuola medica d’Europa, che ne migliorò la costruzione e le tecniche per stabilizzare e conservare meglio i prodotti.
Le essenze
che venivano distillate da piante ed erbe servivano infatti per la produzione
di liquori per la farmacia. Ma lo strumento, per quanto assai più raffinato che
in origine, non era ancora perfetto: innanzi tutto, l’alambicco poggiava
direttamente sulla fiamma e ciò comportava la carbonizzazione di lieviti e
sostanze secche, dando al prodotto finale un pessimo gusto di bruciato.
Poi, non veniva posta attenzione al taglio degli ultimi vapori (le teste), ma
soltanto a quello dei primi (le code): per questo motivo, nel prodotto finale
vi si trovavano sostanze nocive come metanolo, acetato e aldeidi. Una soluzione
fu trovata soltanto nel Settecento.
ALAMBICCO DISCONTINUO
Il modello più antico, ma tuttora considerato quello che offre i migliori risultati in termini di qualità, è l’alambicco discontinuo o, ancor meglio, a ciclo discontinuo. Significa infatti che, alla fine di ogni cotta (distillazione), si deve interrompere il processo per svuotare la caldaia e riempirla di nuovo con altra materia prima da distillare.
Questo alambicco è formato di solito da quattro parti, che corrispondono grosso modo alle fasi della distillazione.
C’è la caldaia, il contenitore dove si mettere il materiale da distillare. Il coperchio chiude la caldaia e, quando il liquido si scalda, qui si raggruppano i vapori ricchi di essenze e alcol. Nel collo di cigno, detto anche collettore, s’incanalano i vapori che salgono dal coperchio e che, alla fine, termineranno nella serpentina di raffreddamento, una serpentina che riporta allo stato liquido i vapori alcolici. Sotto la serpentina c’è un raccoglitore del distillato.
Sotto la caldaia, invece, c’è la fonte di calore che dà inizio al processo. Scordato ormai nel lontano passato l’alambicco a fuoco diretto, oggi il modello più impiegato è a vapore fluente, nato a metà dell’Ottocento, soprattutto per la produzione della grappa. Questo alambicco è formato da una serie di caldaiette di rame, in cui si mette la vinaccia in cestelli di rame forati, così che non si schiacci per il troppo peso.
Alla base di ogni caldaia si soffia un flusso di vapore, regolabile, che passa attraverso la vinaccia e ne estrae le sostanze aromatiche e l’alcol. I vapori escono attraverso la colonna di distillazione, che li concentra. Da qui, le essenze fluiscono in una serpentina immersa in acqua e si condensano.
Si tagliano, ogni volta, le teste e le code, basandosi sulla temperatura e sul grado alcolico del distillato che esce dall’alambicco.
Ha ancora una notevole fortuna l’alambicco discontinuo a bagnomaria. In questo caso, la caldaia ha una doppia parete. Nell’intercapedine circola vapore o acqua bollente, che riscalda la materia prima da distillare. Il resto del procedimento è simile a quello dell’alambicco a flusso di vapore.
ALAMBICCO CONTINUO
L’alambicco continuo, inventato nel 1830 dall’irlandese Aeneas Coffey per la produzione di whisky, è uno strumento della modernità e dell’industrializzazione di un processo per secoli del tutto artigianale. Questo distillatore, infatti, permette di usare grandi quantità di materia prima senza mai interrompere il processo.
Di solito, l’apparecchio è formato da due colonne divise da piatti forati. La prima colonna si chiama analizzatore, la seconda rettificatore. La prima concentra il prodotto da distillare, mentre la seconda separa le varie componenti dei vapori alcolici, ossia la testa, il corpo e la coda. Il funzionamento non è complicato, ma un po’ meno intuitivo che per il distillatore discontinuo.
Nella prima colonna, l’analizzatore, viene fatto scendere il materiale da distillare, che cade sui piatti a seconda del peso e dell’introduzione continua di altra materia prima. In questa colonna circola anche vapore acqueo, che libera le essenze volatili della materia prima e che le incanala verso l’alto, in un sifone che si aggancia alla base della seconda colonna, il rettificatore.
In questa seconda colonna, occupata esclusivamente dai vapori alcolici, quelli con la temperatura più bassa (le code) finiscono per cadere verso il basso, per essere espulse con le varie impurità; quelle con la temperatura giusta passano attraverso un tubo posto all’incirca a metà colonna (dove, attraversando una serpentina, si raffreddano e finiscono nel punto di raccolta del cuore del distillato; infine le essenze volatili con la temperatura più alta (le teste), più leggere di tutte, corrono fino in cima alla colonna, dove trovano un ennesimo canale che le porta fra le impurità. In questo modo l’intervento umano è davvero ridotto al minimo e l’intero processo può continuare in modo ininterrotto.
LE DIFFERENZE TRA GLI ALAMBICCHI
Innegabili i vantaggi del sistema continuo: maggior produzione, buona qualità del distillato, intervento limitato della forza lavoro umano. Inoltre, e non è poco, la qualità della distillazione è costante e non subisce variazioni: in qualsiasi momento sia stata distillata, una bottiglia di acquavite ottenuta con questo sistema sarà uguale a tutte le altre, a meno che non sia mutato qualcosa nella materia prima.
Questa costanza di risultato ha di certo conferito grande fama alla distillazione continua, tuttora la preferita per moltissimi distillati prodotti in gran quantità.
Ma quando la
mano dell’uomo si deve sentire, come nei grandi prodotti artigianali, nulla è
meglio del vecchio alambicco discontinuo, dove il mastro distillatore decide da
sé come e quando cominciare a scartare testa e coda, preservando solo il cuore.
Inoltre, ogni prodotto è diverso dal precedente e dal successivo, poiché a ogni
cotta bisogna far raffreddare l’alambicco, scaricare gli scarti di lavorazione
e attendere prima che si possa ripartire con una seconda distillazione.
Naturalmente, in entrambi i metodi si deve avere una riduzione del grado alcolico, mescolando il risultato della distillazione con acqua per diluirne la concentrazione. Poi si refrigera il liquido, per filtrarne le scorie e renderlo limpido, anche se la filtrazione non è sempre obbligatoria.
IL RITORNO DEL LIQUORE
Passati di moda per parecchi anni, da almeno 25 sono tornati di moda, complice anche la primavera del limoncello che ha (ri)conquistato il palato degli italiani e non solo. La tradizione di questo prodotto è davvero diffusissima e spesso, almeno in origine, legata al mondo monastico, nei cui laboratori si estraevano sostanze vegetali e si diluivano nell'alcol, dando vita a gustose “medicine”.
Di solito si ottengono partendo da una base alcolica, che può essere alcol buongusto, ma anche un distillato come grappa o cognac, in cui si fanno macerare erbe, spezie e altre essenze. Oppure, ad alcol viene aggiunto un altro infuso alcolico, molto aromatico.
I VERMUT E I VINI LIQUOROSI
Anche se non rientrano in nessuna di queste due categorie, val la pena spendere due parole su questi due prodotti. A differenza dei liquori, che hanno una base alcolica non indifferente (di solito fra i 30 e i 50 gradi), i vermut e i vini liquorosi sono sempre a base di vino. E sono anche due bevande molto diverse.
Il primo vermut nacque a Torino, nel 1786, grazie all’ingegno di Antonio Benedetto Carpano, che scelse questo nome (spesso francesizzato in vermouth) rifacendosi al tedesco Wermut, nome con cui si definiva l’artemisia maggiore, ossia la pianta che maggiormente caratterizzava il sapore amaro di questa bevanda.
Oggi, ogni ditta che produce vermut ne custodisce gelosamente la ricetta segreta, vero marchio di fabbrica che ha fatto di alcuni di questi prodotti dei best-seller internazionali. L’origine è comunque quella del vino “medicato”, reso in pratica una medicina per l’aggiunta di essenze vegetali, proprio come i monaci facevano con i liquori.
Molti vini medicati giungevano appunto dal mondo della farmacia, come il celeberrimo Ippocrasso, così chiamato in omaggio al grande medico dell’antichità Ippocrate.
Un esempio molto caratteristico è presente anche sul nostro catalogo: il Vino Medievale "Polvere di Ippocrasso. Anche il noto Barolo Chinato è un vino aromatizzato che nasce in farmacia ma che oggi può essere gustato da tutti. Anzi, si può proprio dire che sia uno dei migliori abbinamenti con il cioccolato fondente.
Tutt’altro mondo sono i vini liquorosi, che vedremo più a fondo quando parleremo di vini dolci. Il vino liquoroso, ossia un vino a cui è stato aggiunto alcol per bloccarne la fermentazione e quindi stabilizzarlo, evitando brutte sorprese soprattutto durante lunghi viaggi per mare, nasce proprio dall’esigenza commerciale di portare a destinazione un prodotto ben conservato.
Il trasporto in botte, soprattutto quando durava mesi, era infatti piuttosto deleterio per vini giovani che, senza le tecnologie attuali, avevano sempre tracce di lieviti della fermentazione o potevano comunque prenderne altri, spesso nocivi.
Si era quindi scoperto che, aggiungendo al vino una certa quantità d’alcol, la bevanda restava incontaminata per molto tempo. Nacquero così i grandi vini liquorosi della storia, a partire dal nostro Marsala, al Porto, allo Sherry e così via.
Non tutti i vini liquorosi nascono però per questo motivi. Molti sono invece stati creati per interrompere, prima del tempo, la fermentazione. Un eccesso di alcol, infatti, uccide i lieviti che la producono: morti i lieviti, l’evento s’interrompe e tutto lo zucchero che esiste nel vino fino a quel momento non sarà trasformato in alcol. In questo modo si ottengono vini da dessert dalla dolcezza fresca e non eccessiva, offerta dagli zuccheri rimasti inalterati al termine della fermentazione interrotta, ma con sufficiente grado alcolico, donato dall’aggiunta di alcol.
Nella nostra enoteca online è possibile comprare tutti i tipi di distillati, come grappa, gin, whisky, rhum, vodka e tanti altri liquori e spirits provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.