I Viaggi di Giovanni

Vini che non ti aspetti nella Valle del Curone

di Daniel Gutierrez 24/02/2022
Vini che non ti aspetti nella Valle del Curone Vini che non ti aspetti nella Valle del Curone

Quando Giovanni ci ha detto che il prossimo viaggio avrebbe voluto farlo in Brianza da un’azienda di sua conoscenza ci siamo guardati, abbiamo alzato le sopracciglia e siamo rimasti un po’ spiazzati.

Dopo qualche secondo però, ci siamo scrollati di dosso quel fare da snob, di frequente maschera dell’ignoranza, tipico di chi si sente di conoscere tutto del vino solo dopo aver fatto un corso da sommelier, e abbiamo iniziato a farci un’idea dell’ultimo posto dove ci immaginavamo di andare a bere il vino: quella zona indefinita, almeno nell’immaginario comune, tra Milano e il lago di Como, spesso e volentieri associata a un territorio poco naturale, costellato prevalentemente da industrie e scelto anche per la vicinanza rispetto al capoluogo lombardo.

Dalla viticoltura eroica della Valtellina, all’affermazione spumantistica della Franciacorta, passando dalla rivalutazione della zona del Garda e del Mantovano, ai recentissimi studi sul Pinot Nero coltivato in Oltrepò, possiamo dire che la Lombardia del vino negli ultimi anni si sta dimostrando una regione dalle interessanti potenzialità, la Brianza restava comunque qualcosa di inaspettato.

 

Durante il viaggio di poco più di mezz’ora che separa Milano da Montevecchia, destinazione e punto di ritrovo, complice un’uggiosa nebbia mattutina e il traffico autostradale, continuiamo nella nostra incredulità e cerchiamo di immaginare cosa potremmo trovarci davanti una volta arrivati: una piccola cantina di provincia, incastonata alla buona tra una collina e un casale da ristrutturare, il vignaiolo pronto ad accoglierci ma con un po’ di fretta, perché dopo tutto è comunque sabato e c’è sempre qualcosa da fare in cantina o qualche vigna da sistemare prima dell’inizio della stagione.

 

Cantina-La-Costa-Paesaggio

 

Arrivati a Montevecchia e inoltrandoci nel parco della Valle del Curone invece, spunta improvvisamente il sole e le proiezioni che ci eravamo fatti duranti il viaggio iniziano a sgretolarsi fino a quando arriviamo in località Galbusera Nera, dove crollano del tutto.

Non ci aspettavamo un territorio sviluppato in verticale e ad anfiteatro sulla valle ma soprattutto non ci aspettavamo i terrazzamenti, che veniamo a conoscenza essere una peculiarità delle vigne che circondano il lago di Como, ma che sono anche una testimonianza della vocazione dell’area che un tempo era famosa per le sue produzioni ortofrutticole.

 

La Costa Paesaggio Montevecchia

 

Siamo rimasti affascinati dalla bellezza paesaggistica che distingue la zona della IGT Terre Lariane, che istituita solamente nel 2008, comprende il territorio intorno al lago di Como e comprende ventidue produttori che da qualche anno si impegnano a rivalutare un’area che fino a pochi anni fa era in forte abbandono ma che oggi ritorna ad una interessante produzione vinicola di identità territoriale.

Ormai possiamo continuare solo ad essere sorpresi dalla giornata quando arriviamo davanti all’azienda La Costa, una bellissima cascina ristrutturata mantenendo lo stile rustico di un tempo, con davanti un bellissimo spiazzo che dà sulla vallata. Capiamo fin da subito che il punto di forza dell’azienda è quello di aver investito sul vino ma anche su tutto quello che ci ruota intorno. Il cortile davanti è pieno di famiglie, coppie e gruppi di amici che fanno aperitivo, si preparano per pranzare al ristorante al piano superiore o semplicemente passano per comprare qualche bottiglia di vino.

 

La Costa Vigne Inverno

 

Tutto questo è intervallato di tantissimi sportivi, che dal trekking alla bicicletta trovano nell’azienda un punto di passaggio, di ristoro e di ammirazione del paesaggio; intorno anche la presenza continua degli animali, da un allevamento di cavalli, a un’associazione di Asini, oltre a tanti cani che scorrazzano tra i terrazzamenti. La Costa non è la classica cantina ma ci è sembrato luogo di aggregazione vissuto e amato dalle persone che lo frequentano. Accanto al nome e al logo dell’azienda recita una frase: vino, cibo, ospitalità e territorio. Non avremmo saputo dirlo meglio.

Ci accoglie Claudia, che seguendo il filo rosso delle cose che non ti aspetti, ci racconta di come il sogno del padre Giordano di valorizzare la sua terra abbia permesso di fondare l’azienda nel 1992 e di portarla avanti per i primi 10 anni, quando l’unica attività era la produzione del vino e il risanamento di una zona abbandonata da decenni in cui la natura più selvaggia aveva preso il sopravvento. Inizialmente Claudia era meno interessata al lavoro in vigna, ma dopo qualche incontro fortuito, ma non per questo meno prezioso, inizia gli studi in Viticoltura e Enologia, conosce l’enologo Giacomo Tachis e lascia che il vino diventi silenziosamente una grandissima passione.

Claudia ci accompagna con semplicità e naturalezza nel racconto del particolare clima del luogo, dell’ampia escursione termica tra giorno e notte, della ricchezza del terreno roccioso e calcareo, così come della vigna di Riesling piantata casualmente da un agricoltore 50 anni prima in uno degli appezzamenti più alti, oltre i 400 metri, che oggi da vita a un vino molto interessante.

Assaggiamo quasi tutti i vini ma ci sentiamo di consigliarvi questi tre come più rappresentativi:
“Incrediboll”, un metodo classico di Riesling, Renano e Italico, con 30 mesi di affinamento sui lieviti. Il naso è inconfondibile e ci regala eleganti sentori di fiori e frutti bianchi, oltre che un sorso fresco e pronto da bere.
“Solesta”, nome che richiama l’abbinamento tra il solstizio e l’estate, è invece è un Riesling in purezza che viene a tutti gli effetti trattato come un rosso, noi proviamo l’annata appena uscita, una 2018. Alla florealità si aggiunge la frutta tropicale e avvertiamo l’inconfondibile sentore di idrocarburo, così tipico del vitigno, ma appena accennato. In bocca una spiccata sapidità e acidità a sottolineare il terreno calcareo sul quale sono coltivate le vigne e la grande predisposizione all’invecchiamento.
Per finire “San Giobbe”, un Pinot Nero in purezza, un po’ il gioiellino di Claudia, che inizia silenzioso ma che si apre progressivamente svelando note di frutta matura ma anche di spezia e una leggerissima nota balsamica. In bocca è fresco e delicato, con una lunga persistenza sul palato.

 

Pinot-Nero San Giobbe La Costa

 

Il 2022 segna anche il trentesimo anniversario dall’inizio di questa avventura inaspettata, ma piena di lavoro e professionalità, che ha portato La Costa a diventare un punto di riferimento e motore di crescita per la zona. Claudia ci strappa un sorriso quando ci confessa che le ricorrenze non sono una delle sue abitudini preferite, ma secondo noi, quest’anno ci si può permettere di festeggiare. I nostri migliori auguri, cheers!