Articoli del Sommelier Valerio Sisti

Il Marsala tra storia e mito

di Valerio Sisti 22/09/2016
Il Marsala tra storia e mito Il Marsala tra storia e mito

LA STORIA DEL MARSALA. LA TEMPESTA E JOHN WOODHOUSE

A volte scrivere è un piacere; quando si parla di una storia gloriosa, che ormai si fonde con il mito, il piacere è ancor più profondo. E’ il caso del Marsala, uno dei vini nobili, vini padri dell’enologia, vini che sono nati secoli orsono e da allora hanno fatto storia.

Purtroppo, da bravi italiani, una perla tanto preziosa l’abbiamo spesso bistrattata, relegata a ruolo di comprimario, a condimento addirittura: dalle scaloppine al Marsala, al Marsala all’uovo, passando per il  Marsala offerto a fine pasto, come fosse un qualsiasi liquore industriale.

Tanti, dalla sua nascita ai tempi recenti, sono stati i tentativi di relegare questo gioiello nel girone della banalità, fortunatamente agli occhi più vigili e ai palati più attenti, nulla ha potuto offuscare una certezza cristallina: un buon Marsala è un grandissimo vino, al pari di Sherry, Porto, Madeira e tanti altri ancora.

Prima di addentrarci in distinzioni tecniche, che ci permetteranno di capire meglio la variegata famiglia dei Marsala in produzione, cominciamo questo viaggio con qualche citazione storica, senza la pretesa di ricostruire un percorso, semplicemente cullandoci tra storia e mito.

 

Immaginiamo una notte di tempesta, è il lontano 1773. Una nave, battezzata Queen Elizabeth, solca i mari di Sicilia in direzione di Mazzara del Vallo. La tempesta è troppo forte però. Riparare nel porto di Marsala è l’unica soluzione.

Alla testa della nave c’è John Woodhouse, commerciante inglese di Liverpool, un uomo d’affari che commercia in tessuti e spezie e, quando conviene, in vino. La sosta forzata è quanto mai produttiva, John infatti non rinuncia ad assaggiare i prodotti locali per verificarne il possibile mercato in patria. John Woodhouse assaggia quindi il vino di Marsala.

Di storia ce n’è ancora tanta da raccontare e lo faremo, ma già d’ora vi basti sapere che il legame tra Marsala e l’Inghilterra diventerà immediatamente indissolubile. Oggi, nella carta dei vini di Sua Maestà è presente il Marsala. L’ammiraglio Nelson lo riteneva imprescindibile alla mensa di qualsiasi gentiluomo.
Dunque con quest’uomo d’affari di Liverpool comincia la storia di uno dei più prestigiosi vini italiani.

Difatti Woodhouse capì immediatamente le potenzialità del vino Marsala e volle da subito iniziarne il commercio, coinvolgendo altri imprenditori inglesi, uno di questi, un certo Benjamin Ingham, a cavallo tra settecento e ottocento, contribuì in maniera fondamentale allo sviluppo delle tecniche che hanno portato alla produzione di Marsala come lo conosciamo oggi.

 

COME E' NATO IL MARSALA

Se è comune e immediato associare Marsala e Union Jack (vedremo infatti che i termini che definiscono le tipologie di Marsala odierno sono ancora in inglese), è meno immediato chiedersi: ma il vino che assaggiò Woodhouse è lo stesso Marsala di oggi? La risposta è no.

Alla fine del settecento il vino di Marsala era probabilmente un vino bianco gradevole, tanto che il commerciante di Liverpool se ne innamorò, ma non c’entrava nulla con il Marsala di oggi. E’ proprio l’apporto degli inglesi, come a Madeira o a Porto, che cambia le cose, o meglio cambia il metodo di produzione.

Gli abili importatori d’oltre Manica sapevano infatti che il vino mal digeriva il viaggio in nave, lo avevano imparato a loro spese; per garantirsi un prodotto ancora gradevole in patria, avevano capito che aggiungendo alcool al vino, meglio ancora se al mosto in fermentazione, il vino diventava più stabile alle forti sollecitazioni di una lunga traversata nautica. Così nacque il Marsala fortificato, che in Sicilia viene detto "conciato". Così nacque il Marsala che beviamo oggi.

 

La "Concia" non è esattamente un’aggiunta di alcool puro, difatti il sifone (o mistella) che viene sommato al vino può contenere anche altro, sostanze che aromatizzano il vino, che lo conciano, da qui il nome. Non in tutti i Marsala la conciatura viene effettuata, in tutti però il vino viene ossidato, cioè il suo invecchiamento viene fatto in presenza di ossigeno.

Come abbiamo detto altre volte, il vino evolve o in riduzione, cioè in assenza di ossigeno (botte piena), oppure in ossidazione, cioè in presenza di ossigeno (botte scolma). Quindi riassumendo, oggi il Marsala è un vino speciale, inteso proprio nella categoria dei vini speciali, cioè quelli con alterazioni prodotte dall’uomo. E’ un vino con aggiunta di alcool e non solo, soprattutto è un vino ossidato.

L’aggettivo marsalato, che tendiamo ad utilizzare a sproposito per ogni vino ossidato, volutamente o accidentalmente, dovremmo cancellarlo dal nostro vocabolario. Il Marsala è ossidato, e il suo caratteristico profumo e sapore è frutto della voluta ossidazione in botti non completamente riempite.

 

LA CLASSIFICAZIONE DEL MARSALA

Detto ciò, possiamo osservare come il Marsala si produca in diverse versioni, specificatamente tre, eccole.

  • Classificazione per colore: oro, ambra, rubino (Ruby, in inglese). Il colore dipende dalle uve utilizzate per il vino base (Grillo, Catarratto e Inzolia).
  • Classificazione per zuccheri: secco, semidolce (o semisecco) e dolce, a secondo che gli zuccheri residui siano inferiori a 40 grammi litro, da 40 a 100 o oltre i 100 grammi litro. E’ evidente che anche il secco non è esattamente secco, bensì un vino abboccato che bilancia lo zucchero con l’ossidazione.
  • Classificazione per invecchiamento, a seconda degli anni che passa in botte prima dell’imbottigliamento.

 

Ci sarebbe ancora tantissimo da dire, in particolare sugli invecchiamenti possibili e sulla loro influenza sul gusto. Sarebbe interessante parlare anche dei possibili abbinamenti con il cibo, ma lo spazio è quel che è. Lo potremo fare in futuro, per ora accontentatevi di saper che un buon Marsala è un vino meraviglioso e che risotto o scaloppine, seppur buonissime, non sono la sua morte migliore. Intanto vi consiglio una cantina storica di Marsala: Vito Curatolo Arini