Articoli del Sommelier Valerio Sisti

DOC e DOCG. Storia ed utilità - Parte 1

di Valerio Sisti 05/01/2018
DOC e DOCG. Storia ed utilità - Parte 1 DOC e DOCG. Storia ed utilità - Parte 1

Le prime Denominazioni di Origine in Italia vengono introdotte per legge a partire dal primo gennaio 1966. I vini che si fregeranno in etichetta della dicitura DOC dovranno rispettare un preciso disciplinare di produzione, che tra le altre cose, limiterà le aree di produzione, la quantità di uva e quindi di vino prodotto da un singolo ettaro di vigne e l’affinamento minimo che quel determinato vino dovrà possedere prima di poter essere commercializzato.
Già in quell’anno sono previste dalla legge anche DOCG, che alla Denominazione di Origine Controllata aggiungono la “G” di Garantita. Solo nel 1980 però alcune aree di produzione decidono di elevarsi da DOC a DOCG, è il caso ad esempio di Barolo e Barbaresco, fino allora DOC, che dalla vendemmia 1980 diventano, tra le prime appunto, DOCG.
Le denominazioni però sono solo l’ultimo tassello di progetti di legge più antichi volti a tutelare le produzioni di qualità. Già sul finire dell’800 e nei primi anni del 1900 vengono presentati in Senato dei progetti di legge che hanno l’obiettivo di legare indissolubilmente un termine, Barolo ad esempio, ad un territorio ben definito, impedendone così l’utilizzo per vini che poco o nulla hanno a che fare con la storica area di produzione.

La volontà di legare il nome di un vino famoso alla terra che lo produce non è alla base solo dei disegni di legge proposti o approvati prima delle DOC, bensì è la ratio anche e soprattutto della legge che introduce le Denominazioni di Origine.
È questo un primo punto fondamentale: le DOC e le DOCG non rappresentano direttamente un livello qualitativo bensì un legame stretto con il territorio e con le metodologie di produzione tipiche di quel luogo. Rispettando questi parametri ci si aspetta certamente di ottenere vini di maggior pregio, ma questa è solo una conseguenza non vincolante. L’obiettivo della legge è garantire che un Barolo si faccia nelle Langhe e non in Sicilia, che poi un Barolo sia anche buono è una conseguenza auspicabile ma non necessaria.
Da ciò dobbiamo dedurre che un vino IGT non è necessariamente peggiore di un vino DOC, esattamente come un vino DOCG non è certamente migliore di un vino DOC.
L’aver impedito il proliferare di vini etichettati con nomi famosi ovunque e indipendentemente dal metodo e dalle caratteristiche della produzione è stato sicuramente un passaggio importante, tanto che nel 2016, all’anniversario dei 50 anni delle prime DOC italiane nessuno ha avanzato ipotesi di revisione, annullamento o sostituzione della normativa vigente; quantomeno non nella sua struttura generale.

L’introduzione della dicitura DOC e DOCG ha dunque segnato un momento importante per i produttori e per i consumatori del vino italiano. Una data che arriva con enorme ritardo sui cugini francesi, che già un secolo prima provvedevano alla classificazione dei loro migliori vini. A Bordeaux la classificazione è del 1855. Tuttavia non è il ritardo a pesare di più, forse il danno maggiore è un altro, ma lo vedremo nel prossimo articolo. A presto

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