I Viaggi di Giovanni

Calici toscani tra Gallo Nero e Maremma

di Daniel Gutierrez 09/03/2022
Calici toscani tra Gallo Nero e Maremma Calici toscani tra Gallo Nero e Maremma

Dopo aver fatto qualche visita in cantina è facile accorgersi di quanto quasi tutte le aziende parlino spesso degli stessi tre concetti: una gestione familiare dell’azienda che produce vino da generazioni, una terra, ambiente, clima e in generale un ecosistema naturale unico che nessun altro può vantare, e vini di altissima qualità fatti con cura, amore e maniacale attenzione, sia nella coltivazione della vigna che nella vinificazione in cantina.

 

In Italia esistono più di 300.000 aziende vitivinicole e la realtà è che il nostro cervello davanti a una cifra così grande, fa veramente fatica a pensare che siano tutte quante uniche. Eppure spesso e volentieri è proprio questa la verità. In Italia la viticoltura fa parte della tradizione di moltissime famiglie, i territori e i paesaggi hanno una estrema diversità anche a pochissimi metri di distanza l’uno dall’altro, e soprattutto oggi rispetto a 50 anni fa, bere vino di qualità è tendenzialmente la norma.

 

Forse però questi tre elementi non sono sempre quelli che ci fanno ricordare un vino piuttosto che un altro.

 

Proviamo a rispondere a tre semplici domande:

Perché scegliamo un vino piuttosto che un altro?

Tendenzialmente per caso. O qualcuno ce l’ha consigliato, o ci fidiamo di qualcuno che ha deciso per noi.

Perché ricompriamo un vino che abbiamo già assaggiato?

Principalmente perché ci è piaciuto, e perché bevendolo abbiamo avuto una sensazione di benessere e vogliamo ripeterla nuovamente.

Perché ci ricordiamo di un vino?

Perché è riuscito a farci emozionare, nel bene e nel male, e la bevuta ha lasciato impressa una sensazione che è difficile da dimenticare.

 

Probabilmente la cosa più importante di un vino è proprio la capacità di emozionare e trasmettere una sensazione ben precisa.

Ecco perché la tradizione familiare centenaria, la qualità della raccolta in vigna o il territorio unico sono elementi fondamentali ma spesso, non i più importanti, almeno per il grandissimo pubblico. Ecco perché questa storia, seppure vera, autentica e necessaria, a volte sembra ripetitiva e spesso diventa banale. Ecco anche perché è facile scambiare un vino per un altro, oppure cadere nella trappola del vino contraffatto (le bottiglie contraffatte nel mondo del vino purtroppo sono più di quello che si crede).

 

Ciò che rende un vino unico e memorabile è la capacità del vignaiolo di esprimere un concetto o un’idea come un artista, attraverso il vino che mette in bottiglia.

 

visita Brancaia1

 

Siamo andati a visitare le cantine di Brancaia, azienda toscana che produce vino in Chianti Classico e in Maremma e la cosa più importante che ci ricordiamo, e crediamo anche l’idea che ha voluto lasciarci Barbara Widmer, proprietaria e enologa dell’azienda, è che il vino è un prodotto con uno scopo semplice: bere e mangiare in compagnia, sfruttando l’occasione per condividere un momento insieme.

 

Dimostrazione di questo sono il logo e tutte le etichette delle bottiglie. Un riquadro colorato, con il nome dell’azienda, l’annata e la tipologia di vino. Stop, non servono ulteriori informazioni per poter godere della piacevolezza del vino e capire se il vino piace o meno. E questo è proprio l’obiettivo dei vini di Brancaia, mettere al primo posto le emozioni di chi sta bevendo il vino, mettendo momentaneamente da parte tutto il resto.

 

Riuscire a confezionare una bottiglia che permetta di isolare tutto il rumore di fondo per privilegiare l'emozione non è per niente scontato ed è frutto di un attento lavoro di ascolto della natura, idee chiare in cantina, tanta competenza e un team di lavoro unito. Il lavoro dentro l’etichetta è esattamente il compito di chi fa il vino. Trasformare un mondo di complessità in semplicità e godevolezza. E noi gliene siamo grati.

 

visita brancaia 2

 

La storia di Brancaia inizia nel 1980, quando la famiglia Widmer di origine svizzera, acquista il podere Brancaia in Castellina in Chianti con l’obiettivo di produrre vini di altissima qualità. Nel tempo il progetto si espande a Radda in Chianti (secondo terreno) e in Maremma (terzo terreno) completando nel 1998 gli 80 ettari aziendali che esistono tutt’oggi.

 

Barbara, la figlia della famiglia, è nata e cresciuta in Svizzera, ma dopo aver completato gli studi in Viticoltura e Enologia, prende personalmente in mano il progetto Brancaia. Il territorio del Chianti Classico non è un luogo semplice da dove iniziare, rappresenta infatti una zona dove il vino lo si fa da secoli, e dove il concetto di vino tradizionale è difficile da capire e da interpretare.

 

Proprio per questo ci si affida alla seconda idea importante dell’azienda, ovvero che l’uomo può provare a coltivare la vigna, e fare mille tentativi, ma alla fine chi decide tutto è la natura, che influenza le annate, la quantità d’acqua, il sole, il clima e tantissimi fattori che non dipendono dal vignaiolo. L’uomo può solo osservare la natura, farsi un’idea di dove vuole andare, e iniziare a lavorare, avendo nel frattempo anche la curiosità di cambiare, provare cose nuove e imparare anche confrontandosi con chi fa il vino in altrettanta maniera e da più tempo.

 

visita brancaia 3

 

Questo è lo spirito che guida la produzione dei vini di Brancaia e quello che ritroviamo nei loro vini. Ci sediamo al tavolo e ne abbiamo davanti 8, qualche bottiglia ci convince di più, qualcuna è più misteriosa, altre invece sai più o meno cosa aspettarti.

 

Le degustazioni che ti ricordi nella vita sono quelle dove subito dopo aver assaggiato tutti i vini non sai necessariamente se preferisci questo piuttosto che quello, e in più ti ricordi una particolarità di ogni vino, oltre che al nome.

 

Rosé: 100% Merlot coltivato in Maremma, spiccata acidità, sorso che chiama subito un altro sorso, chiudiamo gli occhi e spunta il mare, orario aperitivo in una serata d’estate.

 

Bianco: Sauvignon coltivato nel Chianti e una punta di Viogner della Maremma, un sorso più corposo e rotondo, un naso già più strutturato, ce lo immaginiamo tra qualche anno, abbinato a un piatto di formaggi.

 

Tre: Un blend di Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon dai tre poderi toscani (Sangiovese di Castellina, C.Sauvignon di Radda e C.Franc della Maremma), è un vino fresco e giovane, perfetto a tutto pasto, per noi perfetto da aprire a una bella grigliata di inizio primavera. Save the date: figurone a pasquetta.

 

Chianti Classico Annata: Sangiovese in purezza, è l’unico vino che non fa legno, il cui concepimento è stato oggetto di tante riflessioni per capire come renderlo unico e differente da tutti gli altri vini. Frutto rosso pieno e intenso, tannini già abbastanza ammorbiditi e sorso veramente piacevole, da bere e godere subito.

 

Chianti Classico Riserva: Sangiovese e Merlot, si avverte subito una complessità al naso fatta di frutto, spezie e di un uso equilibrato del legno. Spunta proprio qui la tipicità del territorio, eleganza e complessità al naso e armonia in bocca.

 

N°2: sul Cabernet Sauvignon in purezza della Maremma siamo di parte, sono vini che ci piacciono molto. Coltivato a 10 km dal mare ha un sorso tipicamente sapido che però è ben equilibrato con la schiettezza del frutto e l’acidità, il tannino è leggermente da levigare ma se ci portassimo a casa la bottiglia non durerebbe da Natale a Santo Stefano

 

Ilatraia: Prima apparizione per il Petit Verdot maremmano, unito ai due Cabernet. Un vino teso tra la freschezza e l’eleganza, sorso molto lungo e piacevole.

 

Il Blu: arrivati al vino icona della azienda, blend prevalentemente di Merlot con un'aggiunta di Sangiovese e Cabernet Sauvignon, le aspettative sono alte. Aspettiamo con sacrale silenzio che il vino venga versato e al primo assaggio ci scende una lacrimuccia. É un vino già pronto da bere ma non per questo non adatto a invecchiare, il legno è integrato alla perfezione con la morbidezza del Merlot che riempie subito la bocca. L’acidità chiude il sorso e il tannino lo preserva in una lunghezza da applausi. Spesso i vini bandiera dell’azienda assaggiati sul finale dopo una sfilza di altri vini ci deludono, su questo annuiamo umilmente con la testa e non commentiamo oltre.

 

visita brancaia 5

 

Nell’alzarci dal tavolo della degustazione chiediamo a Barbara cosa la spinge a fare vino: “faccio vino perché questa è casa mia e perché queste sono le vigne e la terra che conosco, non potrei fare altrimenti. Esprimere la natura e il territorio che mi appartengono attraverso vini il più possibile autentici e di personalità, che abbiano l’obiettivo di fare condividere un momento alle persone, mangiando e bevendo insieme”

 

Ce ne andiamo con il sorriso, e con qualche bottiglia in più sulla lista dei vini da ricordare.