Curiosità sul vino

Il Metodo Charmat o Martinotti

di Daniel Gutierrez 05/06/2016
Il Metodo Charmat o Martinotti Il Metodo Charmat o Martinotti

Se non può vantare un'origine tanto antica quanto quella del Metodo Classico, il Metodo Charmat fu messo a punto tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. Poi il francese Eugéne Charmat intorno al 1910 costruì e brevettò l'attrezzatura opportuna.
Dal punto di vista tecnico la differenza con il metodo Champenoise risiede sostanzialmente nel contenitore in cui avviene la presa di spuma, che in questo caso non sarà più la bottiglia ma una vasca d'acciaio inox detta autoclave. Il Metodo Charmat non aspira tanto alla complessità, alla struttura e alla longevità del vino, quanto a un'immediata freschezza, alla semplicità aromatica, alla prontezza di beva e ad un prezzo di vendita decisamente più contenuto. Evidentemente le uve utilizzate saranno del tutto differenti, scelte tra le varietà più delicatamente aromatiche e immediate. Qui si tratta principalmente di Glera (ovvero Prosecco), di Moscato, di Durello, di Brachetto o di Garganega.
Per gli spumanti rifermentati in autoclave di norma è richiesta una gradazione leggermente inferiore (10°-11° C sono l'ideale). L’uva può non essere pigiata, e in questo caso passa direttamente in presse pneumatiche orizzontali che lavorano a 0,5-1,5 bar, ottenendo così un soffice ammostamento. Il mosto viene subito separato dalle parti solide intorbidanti tramite chiarificazione, filtrazione, flottazione o centrifugazione. A questo punto il mosto, leggermente solfitato, può essere indirizzato a diversi tipi di lavorazione, a seconda se si producono spumanti secchi o dolci. Per i primi si procede alla normale fermentazione completa, avviando poi il vino ottenuto alla spumantizzazione. Per i dolci occorre invece conservare i mosti come tali, con l'impiego del freddo fino al momento della presa di spuma, che può avvenire anche parecchi mesi dopo.

Il vino base (mosto o mosto parzialmente fermentato), previa stabilizzazione colloidale e tartarica, viene messo in autoclave, congiuntamente alla necessaria quantità di zuccheri, lieviti e sostanze azotate, quindi portato a una temperatura intorno ai 20 °C. Appena è iniziato il processo fermentativo si può regolare la temperatura per avere un decorso veloce (20-25 °C) o lento (16-18 °C), tenendo conto che in quest'ultimo caso le bollicine saranno più piccole e gradevoli sia alla vista che al palato. La miscela di vino e lieviti resta all'interno dell'autoclave per un arco di tempo compreso tra i 30 e i 90 giorni ma, nel caso si desideri ottenere un prodotto caratterizzato da un aroma di lieviti più accentuato e uno perlage più fine, tale periodo può essere prolungato fino a 12 mesi (Charmat Lungo). Il vino, ormai spumante, si travasa in una seconda autoclave per mezzo di bocchette collocate subito al di sopra delle fecce, e in tal modo si eliminano i residui di lievitazione e si mantiene la pressione data dall'anidride carbonica. Quest'ultima è normalmente è di circa 5-6 bar, per conservarne almeno 4,5 bar in bottiglia.
Nel caso degli spumanti dolci la fermentazione va interrotta al punto desiderato raffreddando la massa in modo brusco per bloccare l'attività dei lieviti. Si deve poi completare la stabilizzazione e, dopo i controlli analitici e organolettici, lo spumante e pronto per l'imbottigliamento, che viene effettuato a freddo (pochi gradi sopra lo zero), per perdere meno pressione possibile, in particolare nel passaggio dalla riempitrice alla tappatrice. Le macchine riempitrici per gli spumanti sono molto particolari, oltreché costose, perché devono avere una struttura tenuta di pressione e sono definite isobariche a contropressione.